Quando ci siamo detti che avremmo inaugurato il nostro blog
parlando dell’album che più ci rappresenta non ho avuto un attimo di
indecisione, nella mia mente si è materializzata la copertina dell’album che,
non esagero, un po’ la vita me l’ha cambiata davvero, perché sapere che al
mondo c’è chi parla al posto tuo e che ti legge nel cuore, ti fa sentire meno
sola e ti strappa un sorriso!
“Non al denaro non all’amore né al cielo” è il primo album
di Fabrizio De André che ho ascoltato e piano piano, tra un malato di cuore e
un chimico, ho capito che avevo finalmente trovato la mia anima gemella perché,
chiariamolo subito, io amo Faber e non leggerete mai una critica tra queste
righe… non sono obiettiva, lasciatemelo amare!
Mi piacerebbe che questa mia descrizione (perché recensione
è un termine troppo ambizioso) venisse letta da chi ancora non conosce bene De André
per cui non sarò profonda e acculturata come il disco meriterebbe ma semplice e
trasparente, provando a trasmettervi le emozioni che provo quando lo ascolto.
Il disco è un concept album, cioè un album che segue un
unico filo narrativo che, in questo caso, è il libro “Antologia di Spoon River”
di Edgar Lee Master (se non lo avete letto fatelo subito perché è davvero
bello). De André scelse i personaggi dai quali si sentiva più rappresentato,
precisando che ciò che più gli interessava di ognuno erano i vizi e non le
virtù, e dalle loro storie trasse 9 splendide canzoni:
Dormono sulla collina
Un matto
Un giudice
Un blasfemo
Un malato di cuore
Un medico
Un chimico
Un ottico
Il suonatore Jones
I protagonisti hanno in comune il
fatto di essere morti, per cui, non essendo più vincolati alla smania di
perfezione e di competizione, non hanno altra scelta che essere sinceri. Tutte
le vicende girano intorno alla scienza e all’invidia, ciascun personaggio è
mosso da uno dei due sentimenti e ci si accorge poi che alla fine, soltanto due
di loro (un malato di cuore e il Suonatore Jones) riescono a liberarsi dalle
catene auto inflittesi e ce la fanno, come Fabrizio spiega in un’intervista con
Fernanda Pivano (la prima traduttrice italiana del libro in questione),
rendendosi “disponibili”. Cosa abbia voluto dire io non lo so con certezza ma
rileggendo i testi mi piace pensare che a renderli liberi sia stato il loro
coraggio di seguire ciò che più amavano.
“Finì con i campi alle ortiche, finì con un
flauto spezzato e un ridere rauco e ricordi tanti e nemmeno un rimpianto.”
(Il
suonatore Jones)
Trovo i testi di questo disco di una trasparenza disarmante,
tu li leggi e dentro ci ritrovi te stesso, non importa chi tu sia, cosa
rimpiangi o cosa stai nascondendo, perché appena leggerai “un matto” o “un chimico” avrai come l’impressione che
lo schermo del pc si sia trasformato in uno specchio.
Ora siate comprensivi con me se vi dico che a 21 anni, tra
una crisi esistenziale e una emozionale mi è stato sbattuto in faccia “Un
malato di cuore” e io per un anno intero non ho ascoltato altro che non fosse
stato scritto da Fabrizio, il mio amico, il mio amante e confessore.
“E il cuore impazzì e ora no non ricordo da quale orizzonte sfumasse la
luce.” (Un malato di cuore)
-Nia-
Che bello Nia, nel bel mezzo del caos dei vent'anni trovare una guida, scostarsi dalla massa, ed ascoltarla...
RispondiEliminaHai centrato proprio il punto, i 20 anni sono un bel casino e io sono stata rimessa in carreggiata, ormai è il mio compagno :)
EliminaNon conosco l'album, ma adesso mi sembra di conoscerlo. Bell'articolo!!! E con le cose che si amano non si può essere obiettivi :D
RispondiEliminaGrazie mille :) E poi penso che con la musica, a meno che non si lavori nel giornalismo, è inutile e sciocco essere obiettivi. La musica è personale. Spero che ascolterai l'album.
EliminaAdesso aspetterò domani per avere nostalgia"...una piacevole nostalgia quella che mi è venuta leggendo la tua "descrizione"... so che avresti preferito che a leggerla fosse stato chi non conosce bene De Andrè, ma devo dirti che io, che Lo conosco abbastanza bene, l'ho apprezzata davvero tanto. Il modo spontaneo in cui l'hai presentata mi ha subito fatto venire in mente:"un amore così lungo tu non darglielo in fretta"... :)
RispondiEliminabella davvero...c'ho ritrovato tante mie emozioni e sensazioni legate a questo album. Ho una vita di ricordi con Faber, da quando bambina ascoltavo -Girotondo- con mia madre, o - Il Testamento - con mia nonna che ironizzava sulla mia paura della morte(mi faceva troppo ridere la storia della contessa e i suoi numeri al lotto)...
il periodo del liceo, cantando"Signora Libertà Signora Anarchia"e ascoltando a ripetizione -Storia Di un Impiegato- e -La Buona Novella- e potrei perdermi tra tutte le Sue canzoni...Ma indubbiamente -Non al denaro non all'amore né al cielo- è l'album che sento più vicino...ed è come dici tu...nei testi di queste canzone, in questi personaggi ritrovi un pò te stesso...personalmente per me sono i versi di una canzone in particolare che mi accompagnano ogni giorno: "...per questo giurai che avrei fatto il dottore e non per un Dio ma nemmeno per gioco..."
"E quando dottore lo fui finalmente non volli tradire il bambino per l’uomo..."
e anche se è difficile nella quotidianità di ogni giorno, che purtroppo molto spesso ti sbatte in faccia,(sei costretto a capire)"che fare il dottore è soltanto un mestiere" cerco di ripetermi sempre...non al denaro non all'amore né al cielo...e se tutti lo capissimo...credo che forse si starebbe meglio...
Grazie per le belle parole :)
RispondiEliminaComunque si, è vero, mi farebbe piacere che leggendo questo articolo chi non conosce De Andrè si incuriosisca, ma sono contentissima che sia piaciuto anche a chi lo ama.