lunedì 26 gennaio 2015

MY FAVOURITE FADED FANTASY



Con questo uomo capisco come spesso un posto apparentemente “piccolo” come l’Irlanda possa sfornare dei veri e propri fenomeni cantautoriali.  Il suo nome è Damien Rice, ha ben 42 anni, ma scrive cose che talvolta mi sembra siano scritte da un ragazzo che affronta per la prima volta l’amore e ha uno sguardo del tutto nuovo e iconico, mentre a volte incarna il ruolo di uomo che ha la capacità di descrivere qualsiasi emozione a portata di penna.
Dopo ben 8 anni dal suo ultimo album “9” il 4 novembre 2014 è tornato con un nuovo lavoro “My Favourite Faded Fantasy”, aiutato dal suo produttore Rick Rubin. I pezzi di questo album sono 8, più una bonus track “Camarillas”.
Lo stile utilizzato da questo cantautore è sicuramente speciale, perché una cosa che risulta subito è la durata delle canzoni. Anche solo questi pezzi vanno da una durata di 4:27 min a 9:33 min.
Questo album l’ho scoperto solo 1 mesi fa, ma la fortuna vuole che lo abbia ascoltato come se l’avessi acquistato il giorno stesso dell’uscita. Il primo pensiero che ho avuto è che ogni singola traccia vale ben di più del prezzo complessivo del disco. Ogni canzone è un film, è un racconto, è come se chiudendo gli occhi si potesse vedere un filmato che incarni perfettamente il senso della canzone.
I due pezzi che più celebrano la bellezza di questo album sono sicuramente “It Takes a Lot To Know a Man” e “I Don’t want To Change You”. Il primo è come se unisse la bellezza del pianoforte a una chitarra acustica a tratti smorzata a tratti rinforzata. Racconta quasi parallelamente cosa significhi conoscere un uomo e conoscere una donna. Il ritornello unisce i due “paragoni” a quasi un racconto su quanto la vita necessiti tempo di essere capita, in tutti i suoi aspetti.

“it takes a lot to give,
to ask for help, to be yourself,
to know and love what you live with” (It Takes a lot to know a man)

Dal minuto 4 di questo pezzo inizia la riproduzione di  più cori che si sovrappongono che creano quasi una sala buia dove rimani inchiodato al pavimento ascoltando e riuscendo a definire ogni minimo suono che viene riprodotto. Lentamente sale poi il pianoforte, accompagnando questa volta da un violino che ben si allinea con l’atmosfera del pezzo e portandoti alla fine quasi affranto ma allo stesso tempo pieno di emozioni.
Il secondo pezzo che ho menzionato, “I don’t want to change you” è una bellissima dichiarazione d’amore, dove spesso Damien sembra quasi incarnarsi in un angelo, che alle spalle della sua amata gli promette di starle sempre vicino, di aspettarla, di proteggerla, raccontandole, nel ritornello, che non la cambierebbe per nulla al mondo. Sicuramente la scelta di sceglierlo come secondo singolo per anticipare l’uscita del suo disco è stata un’idea furba quanto geniale.
The Greatest Bastard è un pezzo molto delicato che a tratti sembra essere raccontato da un bambino. Arriviamo da punti in cui sembra Damien sussurri le frasi di questo pezzo, in altri frammenti (come il ritornello) dove il sussurrare diventa canto, quasi fiero, come se volesse che tutti a un raggio di 5 km lo ascoltassero. Ovviamente la chitarra rimane lo strumento principale, se non l’unico.
My Favourite Faded Fantasy è il primo singolo estratto dall’album ed è anche quello che da il nome all’album. Questo pezzo mi ricorda molto lo stile degli Skunk Anansie. Mi piace, ma in questo pezzo mi sembra di vedere un Damien più elettronico, che cantautoriale. Una sua sfaccettatura che comunque apprezzo molto.
Long Long Way, l’ottava traccia, è il pezzo con cui ho deciso di concludere il racconto di questo album, perché è proprio l’ultima parte di questa canzone che mi fa capire perché la scelta di concludere un album come questo con una traccia del genere. Chiudete gli occhi e ascoltate la strumentale degli ultimi 2 minuti. Compiendo io questo esperimento mi sembra di essere in viaggio verso la fine di qualcosa, come se questi strumenti stiano dando vita a una buonanotte, a una melodia per i saluti finali di uno spettacolo. Non so perché, ma lo trovo come il pezzo perfetto, per concludere un album perfetto come quello che Rice ha sfornato dopo ben 8 anni. Ragazzi, se l’attesa è stata di 8 anni …ben venga se escono progetti del genere!

                                                                                                                   -Reb-

Nessun commento:

Posta un commento